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Acanto

Motivo decorativo di carattere naturalistico, basato sulla riproduzione di foglie appartenenti all’omonima pianta. Il termine (greco ácanthos, latino acanthus) individua una pianta erbacea mediterranea, le cui grandi foglie, dai margini frastagliati e nervature pronunciate, sono variamente rappresentate nelle decorazioni architettoniche.
L’acanto costituisce l’elemento compositivo principale dei capitelli corinzi e dei fregi a decoro vegetale continuo. Vitruvio, nel IV libro del De architectura, fa risalire la sua introduzione alla stessa invenzione del capitello corinzio, attribuita tradizionalmente allo scultore e bronzista Callimaco. Secondo l’aneddoto, l’artista sarebbe stato ispirato da un canestro rivestito di tali foglie, deposto sulla tomba di una fanciulla a Corinto. L’impiego figurativo dell’acanto, in realtà, è precedente allo sviluppo del capitello: rappresentazioni di foglie e girali sono attestate, nel V secolo a.C., su steli funerarie, in combinazione con grandi palmette, su antefisse e su lékythoi attici. Composizioni di acanto vengono impiegate anche negli acroteri a volute, di cui quello del Partenone costituisce l’esempio più noto.
Si distinguono due tipi di acanto, mollis e spinosus, a seconda che la foglia sia turgida, dalle estremità lobate, quasi senza venature, oppure nervata e frastagliata, dalle estremità appuntite. L’architettura romana impiega frequentemente entrambi i tipi, con una ricchezza decorativa che raggiunge un mirabile effetto nel fregio dell’Ara Pacis. La predilezione per l’acanto spinoso, spesso realizzato a traforo, già in nuce nella scultura decorativa tardo-romana, si fa più evidente in età paleocristiana e bizantina. L’uso sempre più esteso del trapano riduce le foglie a fasci di nervature dai margini taglienti, come nei capitelli di San Vitale a Ravenna.

Bibliografia

Baumann H., Le bouquet d’Athéna, Les plantes dans la mythologie et l’art grecs, Paris, 1984; Strong E., La scultura romana, Firenze, 1926.

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