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Arredi

La sedia di base e dettagli dei nodi di innesto tra elementi.
La sedia di base e dettagli dei nodi di innesto tra elementi.

Definizione – Etimologia

Termine di origine gotica derivato dall’unione del prefisso ga e della parola redan nel significato di avere cura, ordinare. Gli arredi sono l’insieme degli oggetti che completano l’uso di uno spazio interno abitato, pubblico o privato, contribuendo alla definizione della sua architettura. Essi interessano l’intera persona umana negli atti che le sono abituali costituendo quella sintesi antropometrica che si pone necessariamente alla base di ogni progetto di architettura.

Generalità

Ogni arredo segue le sorti della cultura alla quale appartiene ed è “storico”, ovvero è connesso a un intorno spaziale con il quale muta nel tempo condensando il patrimonio di precedenti esperienze civili messe in atto nella produzione di oggetti analoghi. Ricostruendo l’ideale sequenza temporale del processo di formazione di un arredo si giunge alla sua “matrice”, a un grado di semplicità, cioè, tanto elementare da non ammettere ulteriori riduzioni. Con la nozione di matrice si risale a un livello di civiltà che precede la formazione della casa propriamente detta, ma a una condizione già domestica dove è possibile identificare gli arredi come direttamente connessi agli atti elementari che ancora oggi compiamo.

Tali atti sono classificabili in tre categorie:

– quelli determinati dallo stare sdraiati in posizione di riposo;
– quelli derivati da una posizione statica ma attiva, stando seduti;
– quelli condizionati da un’attività esercitata in una posizione eretta.

Le tre originarie matrici antropometriche e gli arredi di base che ne sono derivati sono: i giacigli di foglie oppure di terra battuta per i letti; gli oggetti di grandezza appropriata quali pietre o tronchi per sedie e tavoli; le cavità naturali per i contenitori. L’importanza assegnata, in questo quadro, a sedili e contenitori è dovuta all’osservazione che le loro sottostrutture sono direttamente riferibili alle strutture degli altri arredi: il sistema ritti-traverse che costituisce l’appoggio a terra di una sedia, corrisponde ad esempio, fatte salve ovvie differenze dimensionali, a quello di un tavolo oppure di un letto.

Caratteristiche

Lo studio e la progettazione degli arredi presuppongono la definizione di una sintassi elementare che individui, degli stessi, le diverse parti e i reciproci rapporti. Una sedia, ad esempio, può essere considerata formata da differenti sistemi: sedile, appoggio a terra, schienale. A loro volta questi sistemi sono composti da elementi costituiti da ogni singola gamba o traversa. L’analisi logica di queste componenti e delle loro relazioni consente di definire due grandi caratteristiche per la comprensione degli arredi: organicità e serialità.

Un insieme è organico quando i diversi elementi, per forma e dimensione, hanno funzione univoca all’interno di ciascun sistema e ogni sistema, nell’economia dell’intero oggetto, è concepito in posizione esclusiva. Si ha un insieme seriale, per contro, quando gli elementi e i sistemi che lo costituiscono sono connessi nel modo più elementare, risultano equivalenti tra loro e, al limite, intercambiabili.

Alla luce del paradigma serialità-organicità è possibile delineare un processo di filogenesi della sedia oppure del mobile da riposto o ancora dello spazio arredato che da un’iniziale serialità delle componenti arriva a elevati livelli di organicità di linguaggio con conseguenti difficoltà di produzione. Il processo stesso di formazione dell’arredo tende così a ricominciare, relazionandosi ai cambiamenti nel modo di vivere lo spazio, nell’uso di tecnologie e materiali diversi, nel propagarsi di nuove forme di diffusione delle merci e della cultura.

In una prima approssimazione, indispensabile a ordinare una materia così vasta, si può spiegare il modificarsi delle forme nel tempo (e con queste dei concetti di bellezza e di gusto) quale tentativo progressivo di nascondere la quantità di lavoro e di sacrificio intellettuale e fisico impiegati nel comporre un oggetto che, nel caso degli arredi come, più in generale, dell’architettura, si concentra nella esemplare risoluzione dei nodi determinati dall’intersezione di elementi e sistemi. Nella loro  “fluidificazione” e nella loro apparente scomparsa, nell’incremento di organicità, ottenuto dalla maggiore continuità morfologica tra le componenti, si quantifica l’idea di eleganza. L’evoluzione di questa qualità degli arredi può essere sintetizzata nel progressivo tentativo di non ostentarne le difficoltà costruttive. La ricerca della dissimulazione coincide, in questo senso, con la ricerca dell’unicità del prodotto di arredo, portato dei caratteri di lusso e inimitabilità.

Tipi

La sedia

La sedia di base è quella che, per semplicità di costruzione con materiali di facile reperibilità, è presente con poche varianti in quasi tutte le culture e le epoche. Il sistema sedile è costituito da una struttura portante, un telaio di quattro traverse non complanari, e da una struttura portata di paglia intrecciata. Il sistema di appoggio a terra è formato dalla struttura verticale delle gambe e dalla struttura orizzontale di irrigidimento delle traverse disposte in relazione a specifiche esigenze: quelle anteriori, ribassate, consentono l’appoggio dei piedi mentre le coppie laterali spartiscono in tre intervalli uguali l’altezza dei montanti irrigidendoli in modo omogeneo; la traversa posteriore è invece unica per l’irrigidimento dovuto allo schienale superiore ed è posta quanto più in basso possibile per resistere alla spinta sullo schienale. Il sistema schienale è formato dal proseguimento dei ritti delle gambe posteriori associato a una struttura orizzontale di appoggio di tavolette inchiodate; i ritti terminano con una tornitura negli unici punti della sedia decorabili senza indebolimento della struttura. Da rilevare quanto risulti difficile scindere nettamente i vari sistemi per il forte grado di coesione dell’insieme nonostante l’intrinseca serialità. Mentre la sedia di base è una sorta di invariante culturale e storica, nella sedia cosiddetta speciale, intenzionalmente progettata e destinata a un mercato più esigente o alla committenza del potere, è possibile rintracciare il processo di trasformazione progressiva che dalla iniziale serialità conduce ad arredi di grande organicità, fino ad arrivare a quell’apice di complessità oltre il quale il processo tende a ricominciare dall’inizio.

Attraverso un processo di trasformazioni anche economiche e sociali, la tecnologia consente oggi la produzione di sedie in un pezzo unico per stampaggio. È stato possibile così diffondere anche al mercato che tradizionalmente utilizzava la sedia di base gli esiti linguistici della sedia speciale: alla sedia in legno e paglia intrecciata ha fatto seguito un’altra sedia in materiale plastico dal medesimo rendimento funzionale e di analogo valore economico, espressione di un’evoluzione morfologica che raggiunge un’organicità difficilmente superabile.

Il mobile da riposto: tipi base

I mobili da riposto (armadi, stipi, cassettoni, credenze, ribalte, librerie) svolgono la funzione di contenere e proteggere oggetti e vivande. Il termine “riposto” indica, insieme all’atto del conservare, il valore del gesto con cui l’uomo usa il mobile come sua estensione spaziale, come attrezzatura dello spazio domestico. Implicanti un continuo riferimento allo spazio costruito e alla contemporanea architettura degli edifici, questi mobili risultano intrinsecamente tra quelli di più difficile interpretazione. Il genere è ricco, infatti, di articolazioni storiche e funzionali che danno luogo a processi formativi complessi, comprendendo tipi diversi in un ventaglio di diramazioni sincroniche. È per questa ragione importante desumere, nella complessità delle articolazioni di forme che si succedono nel tempo, i tipi che si impongono con maggiore continuità per caratteri dimensionali, strutturali, fruitivi, risultando, in qualche modo, quasi immutabili anche al variare delle intenzioni dei costruttori e delle sovrapposizioni stilistiche.
Utilizzando gli stessi criteri di lettura cui si è fatto cenno, si riconosce, anche qui, la derivazione dei prodotti speciali da quelli di base. Il generico atto del riporre può riscontrarsi solo dopo l’attuazione di antecedenti atti antropici: l’appoggiare e l’appendere. Partendo dalle dimensioni usuali del mobile da riposto più elementare, la cassa da biancheria, si può rilevare come la larghezza si codifichi sulle dimensioni dello sbraccio nell’ordine dei 50-60 cm; la lunghezza si attesti sulla massima dimensione della cosa più grande che si può riporre, cioè il vestito o il mantello disteso, della stessa lunghezza, in pratica, della persona; l’altezza risulti in funzione della possibilità di esercitare l’atto dell’appoggiare. Alla cassa o cassone con chiusura a coperchio si possono assimilare altri contenitori analoghi muniti ugualmente di coperchio come la madia.
Al momento di riporre cose di tipo e qualità disparate il mobile da riposto acquisisce due formulazioni corrispondenti a due diversi sistemi: a ripiani e sportelli; a cassetti.
Mentre il cassetto, che può essere spinto o tirato, consente di spostare gli oggetti contenuti, nello scaffale i ripiani sono fissi, consentendo la protezione di oggetti più fragili che potrebbero essere danneggiati dalla mobilità dei cassetti.
Il tipo a ripiani e sportelli consente, inoltre, un fronte di visione degli oggetti contenuti, inducendo a contrarre la profondità rispetto ai mobili a cassetti.

Un’estesa gamma di tipi specialistici è derivata da quelli descritti attraverso un’operazione di somma, più o meno integrata, di elementi e sistemi, con l’evidente problema di rendere mutuamente collaboranti le diverse parti.

Il mobile da riposto: derivazioni per sovrapposizione

L’unione per sovrapposizione dei due sistemi cui si è fatto cenno produce ulteriori tipi di mobili, come quello a cassetti nella parte inferiore e a sportelli e ripiani in quella superiore, oppure quello a ribalta o bureau, somma di un mobile a cassetti e di una scrivania chiudibile. La sovrapposizione di tre sistemi diversi ha dato luogo a più generi di contenitori di grande diffusione. Il più noto e nobile è il trumeau, costituito, in pratica, da un bureau con l’addizione di un ulteriore contenitore a sportelli sovrapposto.
Dalla ricerca per ottenere una sorta di riposto totale, capace di racchiudere più mobili in uno, deriva una complessità che costituisce una costante sfida alle capacità interpretative dell’artigiano per buona parte del Settecento. L’ingegno di intere generazioni di mobilieri è stato speso nella risoluzione degli specifici problemi di connessione tra le parti giustapposte di tali mobili, e in particolare dei bureau e dei  trumeau.
I sistemi, individuabili in maniera analoga a quelli dei sedili, sono tre. Due, portati, sono propri all’essere il mobile da riposto anzitutto atto a contenere: la parte fissa dell’involucro fisso (il contenitore) e la parte mobile dell’involucro (la chiusura con ante e sportelli necessari a immettere nel primo le cose da riporre). Il terzo sistema, portante, svolge la funzione di appoggiare per terra gli altri due. Da rilevare come uno dei problemi fondamentali sia costituito dalla relazione tra involucro (contenitore-chiusura) e appoggio ad esempio esaltando, attraverso una piastra, il tramite tra peso dell’involucro ed elementi di sostegno.
Oggi il tipo più elementare e diffuso è quello da cucina a pensile e bancone, derivato dall’interposizione di una coppia di cassetti affiancati tra due sistemi sovrapposti a ripiani e sportelli. Sollevato il contenitore sovrastante per utilizzare come piano di lavoro il piano superiore dei cassetti e reso staticamente indipendente, appeso alla parete, il contenitore alto rispetto all’inferiore poggiato a terra, si ottiene il mobile componibile per cucina che costituisce la più autentica e generalizzata innovazione contemporanea nell’arredo domestico.

Bibliografia

Regazzoni Caniggia A., Teoria e storia dell’arredamento, Roma, 1994; Regazzoni Caniggia A., L’organismo arredativo, Roma, 1990; Regazzoni Caniggia A., I mobili da riposto, Firenze, 1982; Regazzoni Caniggia A., Profilo di tipologia dell’arredo, Firenze, 1977; Schmitz H., The encyclopedia of furniture, New York,1957.

(in collaborazione con G. Galassi)

 

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