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Capocroce (chevet)

Ravenna, S. Giovanni Evangelista. Il capocroce con un abside poligonale.
Ravenna, S. Giovanni Evangelista. Il capocroce con un abside poligonale.

Definizione – Etimologia

Dal lat. caput crucis capo della croce e indica la testata orientale della chiesa. Negli edifici a più navate è il volume ubicato a est del braccio trasversale, composto dalle absidi ed eventualmente dalle campate di coro che mediano il raccordo tra le absidi stesse e l’invaso. Il termine capocroce è ormai entrato nell’uso, ma è appropriato solo in riferimento a edifici con pianta a croce latina; per indicare la testata orientale in generale è quindi consigliabile l’uso del lemma francese. In età medievale il capocroce assume assetti diversi, a seconda della preferenza accordata localmente ad una tipologia o ad un’altra e soprattutto delle esigenze liturgiche.

Derivazione – Processo formativo

In età paleocristiana il capocroce consiste solitamente in un muro rettilineo dilatato verso oriente da un’abside semicircolare (basiliche romane) o raramente poligonale (Ravenna, S. Giovanni Evangelista). Nel corso dell’alto medioevo le varianti sono più numerose: gli emicicli possono essere anche ad arco sorpassato o a ferro di cavallo (Castelseprio, S. Maria foris portas), ma si danno anche casi di terminazioni rettilinee. La moltiplicazione degli altari motiva l’adozione di assetti più complessi per le testate delle chiese: dall’ottavo secolo si documentano molti impianti a tre absidi, a volte estradossate (Pavia, S. Michele alla Pusterla), altre volte contenute nello spessore del muro orientale (Malles, S. Benedetto). L’organizzazione dello spazio presbiteriale del S. Pietro in Vaticano suggerisce al vescovo Crodegango di Metz (742-766) l’inserimento di un vano riservato ai cantori tra l’abside maggiore e la navata della sua cattedrale; di conseguenza in età carolingia iniziano a diffondersi allungate campate di coro.
A cavallo del X e dell’XI secolo la scelta di privilegiare il settore orientale per la concentrazione di ambienti diversi per volumetria e funzione trova le sue espressioni più complesse. Le absidi possono essere allineate (Saint-Michel-de-Cuxa), scaglionate simmetricamente in rapporto alla diversa profondità delle campate di coro (Cluny II) o, se è presente un deambulatorio, dislocate a raggiera (Tournus, Saint-Philibert). Sempre nell’XI secolo si diffonde il cosiddetto coro armonico, nel quale la campata di coro che precede l’abside maggiore è affiancata da due campanili (Ivrea, cattedrale di Santa Maria Assunta).
Tra il XII ed i primi decenni del XIII secolo i Cistercensi adottano spesso una testata rettilinea, comune a tutte le cappelle in cui si ripartisce la terminazione orientale o con una lieve eccedenza dell’abside centrale. Una soluzione che tra XIII e XIV secolo è privilegiata anche per chiese di altre istituzioni ecclesiastiche, senza refrattarietà verso altre tipologie, come le absidi poligonali.

Bibliografia

Chavarria Arnau A., Archeologia delle chiese: dalle origini all’anno mille, Roma, 2009; Schenkluhn W., Architettura degli ordini mendicanti: lo stile architettonico dei Domenicani e dei Francescani in Europa, Padova, 2003; Vergnolle E., L’art roman en France, Paris, 1994, 2003.

 

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