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Comparto edilizio

Definizione

Per comparto edilizio si intende un aggregato di aree confinanti formato, anche attraverso la riunione di diverse proprietà, in vista della creazione di un complesso di carattere unitario ovvero della trasformazione dei fabbricati esistenti su tali aree, in base a speciali prescrizioni.

Aspetti normativi

Ai sensi dell’art. 870 c.c., quando sia prevista la formazione di comparti edilizi gli aventi diritto sugli immobili in essi ricompresi sono tenuti ad uniformarsi alle relative prescrizioni e a regolare i loro rapporti in modo da rendere possibile l’attuazione delle previsioni della strumentazione urbanistica. Per l’esecuzione delle opere previste, tali soggetti possono dare vita ad un consorzio; per converso, in mancanza di accordo, il Comune può espropriare gli immobili compresi nel comparto.

A sua volta, l’art. 23  della legge 1150/1942 disciplina l’istituto in esame come mezzo di attuazione dei piani particolareggiati fondato sull’iniziativa dei privati, previa sollecitazione della Pubblica Amministrazione. Secondo questa disposizione, infatti, la formazione del comparto può avvenire, oltre che già ad opera del PRG, contestualmente o successivamente all’approvazione del piano particolareggiato (purchè nel termine di efficacia di quest’ultimo). Formato il comparto, l’Amministrazione Comunale deve invitare i proprietari delle aree a dichiarare, entro un termine (non inferiore a 90 giorni: art. 7, lett. d, d.p.r. 327/2001) fissato nel relativo atto di notifica, se intendano procedere alla edificazione delle stesse e alla trasformazione dei fabbricati preesistenti, secondo le speciali prescrizioni di cui sopra (concernenti la volumetria realizzabile, la tipologia degli edifici da costruire, nonché il rapporto fra aree coperte e spazi liberi).

Ove all’invito aderiscano i proprietari rappresentanti i tre quarti del valore catastale del comparto, la norma prevede che fra gli stessi venga costituito un consorzio, cui spetta la piena disponibilità del comparto medesimo ai fini della relativa attuazione. Le aree e i fabbricati dei proprietari non aderenti possono, infatti, essere espropriati dal Comune. Se invece non viene raggiunta l’adesione della detta maggioranza, l’Amministrazione procede alla integrale espropriazione del comparto. Successivamente, il Comune indice una gara per l’assegnazione del comparto, aperta ai soli proprietari degli immobili in esso compresi, sulla base di un prezzo corrispondente all’indennità di esproprio, aumentata dell’incremento di valore derivante dall’approvazione dello strumento urbanistico.

Se tale gara va deserta, l’Ente può indire una nuova gara, aperta a tutti, o vendere il comparto a trattativa privata, ad un prezzo non inferiore a quello posto a base della gara andata deserta. Le previsioni in materia di esproprio dettate dal citato art. 23 della legge 1150/1942 sono state abrogate dall’art. 58 d.p.r. 327/2001. Ad esse è però subentrato l’art. 7, lett. d, d.p.r. cit., che conferma il potere comunale di espropriare le aree e le costruzioni ricomprese nel comparto, in caso di inutile decorso del termine fissato nell’atto determinativo della formazione del consorzio.

La descritta disciplina è stata integrata dalla l. 10/1977 e talvolta sostituita dalla legislazione regionale. In particolare, l’art. 13 della legge 10/1977, nell’introdurre il programma pluriennale di attuazione, ha svincolato il comparto dall’approvazione del piano particolareggiato. Secondo tale disposizione, infatti, il comparto edificatorio può essere utilizzato anche per dare attuazione alle previsioni del piano regolatore generale.

L’istituto in esame ha avuto scarsa applicazione in passato. Tale situazione è, però, in via di mutamento per l’affermarsi della pianificazione urbanistica di tipo perequativo, nel cui ambito il comparto si configura come una sorta di unità pianificatoria minima, risultando altresì funzionale alla necessità di “legare” fra loro i proprietari in una dimensione spaziale più ampia di quella dei singoli lotti.

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