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Piastra e lastra

Definizione – Etimologia

Entrambi i termini (‘piastra’ deriva da (im)piastro, dal greco plastikós, atto a essere modellato, plastica; ‘lastra’, da lastricare, derivato da òstrakon conchiglia, con cui si facevano le superfici delle terrazze) indicano elementi costruttivi piani, caratterizzati da due dimensioni prevalenti sulla terza (lo spessore).

Le piastre e lastre sono geometricamente descritte dal piano medio e dallo spessore. I termini sono talvolta usati come sinonimi, anche se in genere, quando impiegati a fini strutturali, si indicano con lastra le strutture piane soggette a forze complanari al piano medio e con piastra le strutture piane soggette a forze perpendicolari al piano medio. Nel primo caso si sviluppa un regime membranale, mentre nel secondo caso la struttura risulta inflessa.

Il termine lastra è talvolta utilizzato per indicare superfici curve di limitato spessore (lastre o membrane curve).

Generalità

Il comportamento meccanico di piastre e lastre è descritto da rigorose formulazioni proprie della Scienza delle Costruzioni. Posto xy il sistema di riferimento definito nel piano medio e z l’asse normale a tale piano, si definiscono le azioni membranali nx, ny e nxy e le azioni flessionali di momento mx, my, mxy e di taglio tx, ty, come le risultanti e i momenti risultanti delle componenti di tensione (ottenute per integrazione sullo spessore della lastra o della piastra) per unità di lunghezza del piano medio (le azioni membranali e di taglio sono dimensionalmente forze diviso lunghezze le azioni di momento). Lo studio del comportamento delle lastre si basa sulla formulazione relativa al problema elastico degli stati piani di tensione.

Storicamente l’impostazione teorica per la soluzione dei problemi piani, incluso il problema della lastra, è dovuta ad Airy (1862) il quale introdusse una funzione dalle cui derivate dipendono le componenti di tensione e che soddisfa automaticamente le condizioni di equilibrio. Esistono numerose soluzione in forma chiusa del problema delle lastre elastiche. Si cita il caso della lastra rettangolare caricata lungo i bordi (trave-parete), la lastra con foro circolare ecc.

Di maggiore rilevanza, nelle costruzioni, è lo studio del comportamento delle piastre. Lo studio delle piastre presenta maggiori difficoltà rispetto a quello delle travi. Anzitutto il loro funzionamento è più complesso e di conseguenza l’esame intuitivo iniziale risulta più difficile. Si ha una indeterminazione statica interna, che nelle travi isostatiche non esiste. Ad esempio anche nel semplice caso assialsimmetrico di una piastra circolare appoggiata al contorno e caricata uniformemente, dall’equilibrio è facile calcolare il momento flettente totale in una sezione diametrale dovuto alla reazione di metà del contorno e al carico agente su metà lastra, ma è staticamente indeterminata la legge di ripartizione di tale momento lungo il diametro. Un’altra causa di maggiore complessità delle piastre rispetto alle travi è legata alla contrazione trasversale che nelle travi inflesse avviene liberamente mentre nelle piastre è contrastata.

Inoltre nelle varie sezioni della piastra esiste un momento torcente (mxy) che non trova riscontro nelle travi e che ha una influenza sostanziale sul comportamento della piastra. Immaginando la piastra come composta da due ordini di strisce ortogonali affiancate, è proprio la presenza di questo momento torcente a produrre una solidarietà tra le strisce ortogonali che, durante l’inflessione, sono costrette a torcersi interagendo. La flessione stessa, nei due sensi, risulta in questo modo contrastata con conseguente significativo aumento della capacità portante.

La trattazione del comportamento meccanico delle piastre inflesse si basa sull’ipotesi cinematica di Kirchhoff (1850) secondo la quale ogni segmento rettilineo della piastra inizialmente perpendicolare al piano medio rimane rettilineo e perpendicolare alla superficie media inflessa. L’inflessione della piastra è descritta dalla famosa equazione di Germain-Lagrange nella quale l’unica incognita è lo spostamento ortogonale al piano medio della piastra. Tale equazione è il frutto di un lungo dibattito Settecentesco sorto per descrivere il moto vibratorio di lamine, al quale contribuirono per primi scienziati del calibro di Eulero e Jacques II Bernoulli.

Il problema suscitò all’epoca un tale interesse che l’Accademia di Francia nel 1809 bandì un concorso per invitare a cimentarsi in una formulazione matematica rigorosa del problema. Il premio, dopo alterne vicende, fu assegnato a Sophie Germain (forse la prima donna scienziato nella meccanica delle strutture) la quale risolse il problema grazie anche all’aiuto decisivo di Lagrange. La soluzione dell’equazione di Germain-Lagrange è disponibile per svariate condizioni di carico per piastre rettangolari con bordi liberi, appoggiati o incastrati.

Nelle costruzioni si parla di lastre con funzione strutturale per le pareti in muratura o in calcestruzzo armato gettato in opera o prefabbricato aventi funzione portante dei carichi verticali o funzione di controvento rispetto ai carichi orizzontali. Inoltre si parla, a seconda della funzione non strutturale, di lastre di rivestimento (in pietra, cemento, materiale metallico, o altro) con funzione di finitura e di lastre di copertura.

Si parla invece di piastra con funzione strutturale, ad esempio, per le paratoie metalliche soggette a pressione idrostatica, per le platee di fondazione in calcestruzzo armato e per i solai anch’essi in calcestruzzo armato. Nelle zone centrali delle platee di fondazione e dei solai sono rispettivamente tesi l’estradosso e l’intradosso della piastra. Le solette in calcestruzzo armato di spessore costante dei solai sono sostenute da pareti continue in muratura o in c.a. o da pilastri, collegati o meno da travi ribassate, disposti secondo maglie quadrate o rettangolari con rapporto massimo fra i lati non superiore a 2 (oltre tale valore il comportamento della piastra tende a essere quello di tante travi affiancate).

Nel caso di piastre sostenute direttamente dai pilastri è spesso necessario, in presenza di carichi notevoli, realizzare pulvini (o capitelli a fungo) alla testa dei pilastri in modo da aumentare la resistenza al punzonamento della piastra, per l’azione concentrata di taglio all’attacco pilastro-soletta. In certi casi si realizzano nei solai a piastre delle nervature di irrigidimento ortogonali all’intradosso che hanno funzione di aumentare la capacità resistente della piastra senza aumentarne eccessivamente il peso. Indicativamente il rapporto spessore-luce per solai a piastre senza travi di collegamento né pulvini può essere tenuto pari a circa 1/25. Nel caso di solette in calcestruzzo armato a spessore costante su strutture continue di sostegno (travi), l’armatura è disposta con passo regolare, mentre nel caso di sostegno puntiforme (pilastri) l’armatura è più fitta in corrispondenza degli allineamenti dei pilastri.

Le piastre nei diversi campi di solaio possono essere assunte diversamente vincolate a seconda della rigidezza torsionale delle travi di sostegno. Le piastre possono essere classificate anche in base alla loro funzione. Le piastre di collegamento si usano per unire elementi metallici e trasmettono sforzi tangenziali paralleli al piano di unione (ad es. coprigiunto e fazzoletto per consentire la formazione di nodi nelle travi reticolari).

Le piastre di ripartizione trasmettono sforzi normali al loro piano e servono ad allargare la base di appoggio dell’elemento caricato (ad es. base dei pilastri o appoggi di travi e capriate). Di questo tipo è la piastra di ancoraggio utilizzata nelle strutture precompresse per ripartire lo sforzo di compressione indotto nel conglomerato dalla tesatura dei cavi metallici. Infine le piastre di rivestimento servono a proteggere un corpo da azioni di natura meccanica, elettrica o chimica.

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