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Riciclo

Definizione e tipi

Il riciclo è una modalità di gestione dei rifiuti e costituisce insieme al riuso, al recupero e alla discarica una delle soluzioni possibili per il loro trattamento; tale tecnica prevede la reintroduzione del materiale nello stesso ciclo produttivo da cui è pervenuto, attraverso trattamenti e lavorazioni che ne consentono il reinserimento come “materia prima seconda” garantendo la stessa qualità delle materie prime.
Due sono principalmente le modalità di riciclo: nella prima il materiale riciclato può essere reimpiegato negli stessi impianti che usano contemporaneamente materie prime naturali (come per i rottami di vetro); nella seconda viene reimpiegato invece in impianti diversi in considerazione della sua differenza con le materie prime naturali (come per i rottami di ferro e quelli non ferrosi.)
I benefici derivabili dal riciclo, come la riduzione dei consumi di materia prima e quella dei rifiuti, dipendono da diversi fattori: l’attitudine del materiale a essere riciclato; le modalità con le quali è stato assemblato con altri materiali; il rapporto tra i costi per il riciclo (trasporti inclusi) e invece quelli di conferimento in discarica; l’efficienza delle tecnologie attualmente disponibili per il riciclo; il rapporto tra i costi per il disassemblaggio e il prezzo di mercato del prodotto riciclato; le prestazioni dei nuovi prodotti costituiti in tutto o in parte da materia proveniente dal riciclo; la valutazione degli impatti ambientali delle attività di riciclo (rapporto tra danno ambientale prodotto dal consumo di materia prima e danno ambientale evitato utilizzando materiale riciclato e il mancato conferimento in discarica dei rifiuti).

Normativa di riferimento

Il riciclo dei materiali da costruzione rientra nella vigente normativa di riferimento in materia di rifiuti che articola la gestione degli stessi nelle fasi di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento; l’art. 6 del D.Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) definisce rifiuti “Qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”; l’art. 7 poi li classifica in: rifiuti urbani domestici, anche ingombranti a loro volta suddivisi in pericolosi, non pericolosi e rifiuti speciali. Provenienti da attività agricole e agro-industriali, commerciali, sanitarie, di demolizione, costruzione, di servizio, da attività di scavo. I rifiuti speciali possono a loro volta essere suddivisi in pericolosi come ad esempio oli usati, miscele bituminose, amianto, residui di vernici o di svernicianti.
Nello specifico caso dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) le indicazioni normative relative al problema dello smaltimento sono articolate in funzione del tipo di rifiuto e distinguono all’interno di ciascuna tipologia: rifiuti inerti, rifiuti recuperabili, rifiuti non pericolosi, rifiuti pericolosi. La Direttiva 1999/31/CE definisce i rifiuti inerti “quelli che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa”; rientrano in questa categoria i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione che contengono una bassa percentuale di altri tipi di materiali (come metalli, plastica, sostanze organiche, legno, gomma ecc.) questo significa che l’origine dei rifiuti deve essere nota.
Non sono invece considerati rifiuti inerti:

  • i rifiuti prodotti in edilizia dalla demolizione di costruzioni contaminate da sostanze pericolose organiche o inorganiche (ad esempio a causa di processi di produzione, inquinamento del suolo, modalità di stoccaggio, impiego di pesticidi o di altre sostanze pericolose) a meno che sia dimostrato che la costruzione demolita non fosse stata contaminata in misura significativa.
  • i rifiuti prodotti in edilizia dalla demolizione di costruzioni trattate, coperte, tinteggiate con materiali contenenti sostanze pericolose in quantità significativa.

Per quanto riguarda invece gli impianti, la normativa che ne regola la dismissione ha come principale riferimento la Direttiva 2012/19/UE: Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) in abrogazione della Direttiva 2002/96/CE.

Provenienza e caratteristiche dei rifiuti in edilizia

La gestione dei rifiuti costituisce la problematica ambientale di maggior rilievo in un cantiere; l’attività del settore edile infatti comporta, in termini di peso, il consumo di più del 50% di tutti i materiali estratti dalla crosta terrestre e la produzione di altrettante quantità di rifiuti generati soprattutto dalle attività di demolizione che, in termini di peso, costituiscono tra il 40 e il 50% della produzione totale di rifiuti generati dalle attività umane.
I rifiuti da C&D, per circa il 10-20% del totale, provengono dalle attività di costruzione; sono in generale rifiuti puliti e adatti al riciclo (scarti di lavorazione, imballaggi) ad eccezione di quelli classificati pericolosi quali residui di vernici; dalle attività di demolizione provengono invece circa il 30-50% del totale dei C&D; sono rifiuti misti, poco adatti al riciclo e più al recupero di alta o bassa qualità; sono generalmente costituiti da inerti (laterizi, intonaci, calcestruzzo armato e non, ceramiche, metalli, materiale lapideo di grossa/media pezzatura, prefabbricati cementizi, plastica, vetro); dalle attività di ristrutturazione dell’edilizia esistente proviene circa il 40-50% del totale dei rifiuti; questi, molto simili a quelli di demolizione, contengono però, in percentuale, maggiori quantità di materiali per finiture e di materiale lapideo di grossa/media pezzatura.

Condizione per il riciclo in edilizia: la demolizione selettiva

La tecnica di demolizione dei manufatti edilizi è particolarmente importante per le successive fasi di selezione e trattamento delle diverse classi di rifiuti prodotti; operazioni queste che potrebbero essere notevolmente semplificate eseguendo, anche in modo grossolano, una prima classificazione dei materiali durante la fase di demolizione. Quindi l’importanza dello smontaggio selettivo degli edifici è finalizzato all’individuazione delle frazioni monomateriali che, adatte al trattamento in appositi impianti di riciclaggio/recupero, consentono l’utilizzazione degli scarti come materie prime seconde. Infatti la regola generale, anche nel caso di scarti da costruzione e demolizione (C&D), è che quanto più omogeneo è il materiale tanto più elevate sono le possibilità di un recupero di alta qualità. In edilizia, frazioni omogenee di materiale si possono ottenere però soltanto al termine del ciclo di vita dell’edificio; va inoltre fatto notare che l’edilizia esistente non è stata progettata e realizzata per consentire un’agevole disassemblaggio finale.
Nel processo di smantellamento di un edificio i due diversi momenti nei quali è possibile intervenire per una ripartizione degli scarti in frazioni il più possibile omogenee sono la separazione all’origine, prima della demolizione vera e propria, con stoccaggio in contenitori separati; oppure, a demolizione conclusa, la cernita all’interno dei cumuli dei materiali ancora separabili. Ovviamente la seconda offre risultati molto più limitati come testimonia la oggettiva differenza fra trattare il “solo calcestruzzo” nei confronti invece del trattamento di “laterizio più calcestruzzo”.
La separazione, più vantaggiosa, all’origine richiede quindi l’ausilio di precise tecniche di decostruzione in genere indicate con il termine di demolizione selettiva.
Lo scopo della demolizione selettiva è quindi di aumentare concretamente le quantità recuperabili e/o riciclabili degli scarti prodotti in fase di demolizione, qualunque sia la configurazione di partenza dell’edificio, secondo un approccio che privilegi caratteristiche e qualità del materiale ottenibile.
Per raggiungere elevati standard di recupero e/o riciclo occorre garantire la qualità degli scarti già sul cantiere di demolizione, sopratutto per la frazione litoide che spesso rappresenta, almeno in Italia, più dell’80% del volume degli scarti prodotti. Purtroppo, attualmente, gli scarti di C&D, nonostante l’elevata percentuale di sostanze minerali che potrebbero costituire materiale di recupero di alta qualità, vengono ancora in gran parte (circa il 48 %) conferiti in discarica, mentre il loro eventuale e parziale riutilizzo avviene di norma soltanto in quei settori produttivi che presentano requisiti di qualità più bassi, quali le costruzioni stradali, i riempimenti e le risagomature del terreno.

Il riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione

La quasi totalità dei materiali utilizzati per la realizzazione dei componenti edilizi e di alcuni impiantistici sarebbe potenzialmente riciclabile; questa loro attitudine risulta però fortemente compromessa dalle lavorazioni e dagli impieghi di questi materiali che la rendono in molti casi irreversibile.
Ad esempio la sabbia utilizzata nella produzione del vetro o nel confezionamento di malte e calcestruzzi rappresenta uno dei trattamenti irreversibili che subiscono alcuni materiali.
Invece i metalli sono materiali riciclabili per eccellenza (ad eccezione dei rottami radioattivi oppure ossidati o bruciati) per un numero indefinito di volte dato che mantengono al 100% inalterate le loro prestazioni e di conseguenza il loro valore economico; stesse potenzialità di riciclo hanno i componenti in rame, ottone e alluminio.
Il riciclo delle materie plastiche presenta, come nel caso dei metalli e anche del vetro, alcune peculiarità in funzione del tipo di plastica da riciclare; ferma restando la conservazione inalterata delle proprietà fisico-meccaniche del materiale da riciclo rispetto a quello vergine, nel caso delle plastiche va sottolineato che il riciclo non può essere effettuato per un numero illimitato di volte anche se offre la possibilità di poter essere additivata con specifiche sostanze per confezionare altri prodotti. Tra gli impieghi in edilizia delle plastiche riciclate: il polietilene ad alta densità HDPE è utilizzato per tubature di drenaggio, profili, tubazioni per acque reflue (ma non per acqua potabile), guaine, lastre e condotti per areazione; il polistirene espanso EPS dal riciclo degli sfridi può essere utilizzato come inerte “leggero” per confezionare calcestruzzi e come additivo per cementi e mattoni, il PVC per manufatti rigidi (tubi, profili, pavimenti), il polipropilene PP trova impieghi quale cassero nel getto di solai in cemento armato.
Ad esempio, un altro materiale, l’argilla cruda, è totalmente riciclabile mentre il riciclo dei laterizi e delle terrecotte, in quanto condizionato dalle modalità di posa in opera e di demolizione non è quasi mai praticabile, rimanendo soltanto la possibilità di recupero e successivo impiego come aggregato di laterizi e malta per sottofondi e/o temporaneamente stoccati presso i punti di raccolta di inerti certificati e riutilizzati per sottofondi stradali. Analogamente per quanto avviene per i rifiuti provenienti dalla demolizione di elementi in calcestruzzo (armato e non) che possono essere utilizzati come aggregati per sottofondi stradali (UNI 10006/02) e sottofondi in genere; oppure aggregati per nuovo calcestruzzo da utilizzare per elementi non strutturali (Norme Tecniche pubblicate nel 2010 sui requisiti di base per i materiali componenti il calcestruzzo se provenienti dal riciclo).
In generale comunque occorre rispettare le specifiche tecniche per l’identificazione delle caratteristiche e degli standard qualitativi dei materiali ottenuti dal riciclo e destinati agli impieghi in edilizia alcune delle quali prevedono ad esempio: campionamento, descrizione delle principali prove, prova per la determinazione dell’umidità naturale, analisi granulometriche ecc.
Per quanto riguarda i componenti impiantistici possono essere classificati in componenti assimilabili agli elementi dell’involucro edilizio perché non separabili da questo a meno di demolizione selettiva (tubazioni in acciaio/ rame/ plastiche, pavimenti radianti, bocchette, ecc.); componenti privi di sostanze pericolose e componenti contenenti sostanze pericolose; da questa classificazione è possibile identificare quali materiali avviare la riciclo.
Per i componenti privi di sostanze lesive ai sensi del Decreto Ronchi si procede con il recupero semplificato (D.M. 5/2/98); esempi di questi rifiuti sono: radiatori e collettori solari, in quanto il fluido termovettore utilizzato all’interno di tali impianti è un prodotto atossico e non considerato pericoloso secondo i criteri fissati dall’UE.
Per i componenti contenenti sostanze lesive, prima del possibile riciclo di alcune loro parti, debbono essere asportate, separate e dismesse in sicurezza tutte le sostanze pericolose (schiume poliuretaniche, oli minerali o sintetici, mercurio, ed i fluidi frigorigeni attuali); esempi di questo tipo di rifiuti sono anche le apparecchiature elettriche, bruciatori, caldaie, pompe di calore, unità di trattamento dell’aria ecc.

Vantaggi ambientali del riciclo

Di fronte a una disponibilità limitata di materie prime e agli elevati costi ambientali derivati da tutte le attività necessarie a produrre i materiali da costruzione è necessario superare la concezione dello smaltimento in discarica come unica alternativa alla fine della vita di un edificio, entrando invece nell’ottica della circolarità dei cicli di vita, propria dei processi naturali, per cui ogni rifiuto rappresenta potenzialmente la materia prima per un nuovo ciclo produttivo.
Questo significa che un edificio deve essere progettato e realizzato in funzione di tale obiettivo sia per quanto attiene ai materiali impiegati sia per quanto attiene alle tecniche costruttive: in fase di manutenzione programmata deve essere possibile sostituire un componente (edilizio e/o impiantistico); alla fine del ciclo di vita predeterminato per ogni edificio deve essere possibile la demolizione selettiva.
Questa la filosofia generale; nel dettaglio il meccanismo di riciclo deve essere valutato confrontando da un lato il consumo energetico e l’impatto ambientale conseguenti alle operazioni effettuate per riciclare i prodotti a fine vita; dall’altro con i consumi e gli impatti derivanti dalla produzione dello stesso prodotto con materia prima vergine e dalla messa in discarica degli stessi scarti; comunque, in sintesi, il riciclo ha il grande pregio di ridurre la quantità di rifiuti da conferire in discarica.
In conclusione, le fasi di programmazione, progettazione e realizzazione, se inquadrate nell’ottica del ciclo di vita di ogni singolo componente e dell’edificio nel suo complesso, non possono non porsi l’obiettivo di selezionare materiali provenienti dal riciclo, disassemblabili e a loro volta riciclabili riducendo in tal modo la quantità di rifiuti destinati alla discarica: un piccolo ma significativo contributo nel rispetto dell’ambiente.

Bibliografia

Antonini E., Donati V. (a cura), Il mattone ritrovato – Manuale per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione in Provincia di Bologna in applicazione dell’Accordo di Programma, Stampa Labatini e Nanni, Bologna, 2004; Sferra A., La metodologia dell’Analisi del ciclo di vita applicata ai materiali e componenti edilizi ed impiantistici, in De Santoli L., Analisi del ciclo di vita del sistema edificio impianto, Palombi Editore, Roma, 2006.

 

Riciclare i rifiuti da C&D è possibile quando gli edifici sono stati progettati e realizzati in modo tale da garantire la demolizione selettiva.

Riciclare i rifiuti da C&D è possibile quando gli edifici sono stati progettati e realizzati in modo tale da garantire la demolizione selettiva.

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