Terminal | www.Wikitecnica.com

Terminal

New York, Grand Central Terminal, sezione prospettica; Whitney Warren, Charles Wetmore, Charles A. Reed, Allen H. Stem, 1904-14.
New York, Grand Central Terminal, sezione prospettica; Whitney Warren, Charles Wetmore, Charles A. Reed, Allen H. Stem, 1904-14.

Definizione – Etimologia

Edificio o complesso di edifici per l’interscambio fra diversi sistemi di trasporto per viaggiatori o merci.
Il vocabolo anglosassone terminal (dal lat. terminus fine, limite, confine) identifica inizialmente le prime stazioni ferroviarie ubicate ai margini della città verso la campagna. Nel corso del Novecento l’introduzione di nuovi mezzi di trasporto ne amplia il significato, fino a comprendere tutti gli edifici nei quali si svolgono attività connesse alla mobilità intermodale (ad esempio: terminal ferroviario, terminal aeroportuale, terminal portuale, bus terminal).
Nell’accezione odierna il terminal è un complesso organismo architettonico nel quale, alle attività suddette, si associano quelle di aggregazione sociale, commerciali, ricettive, ricreative, culturali, direzionali.

Generalità

Come luogo emblematico della città contemporanea e simbolo della “surmodernità” secondo M. Augé, il terminal intermodale ha per antecedente le prime stazioni ferroviarie dotate di edificio viaggiatori, nella prima metà del XIX secolo. Fra i maggiori esempi, la Crown Street Station di Liverpool, la Liverpool Street Station di Manchester, la Euston Station di Londra e la prima stazione della ferrovia Napoli-Portici. Già verso la metà del secolo il terminal è soggetto a profondi aggiornamenti tipologici, manifestati da edifici come la Gare de l’Est di Parigi e la King’s Cross Station di Londra, nelle quali alle primitive tettoie in legno subentrano ardite coperture in ferro e vetro, che innovano il rapporto fra l’assetto funzionale-distributivo, la gerarchizzazione degli spazi e il linguaggio.
Alle soglie del XX secolo l’introduzione dell’energia elettrica viene espressa architettonicamente nella separazione fra i binari e gli spazi di transito a diverse quote, collegando tutti i percorsi all’interno di un vano nodale o “concourse”, come nel Grand Central Terminal di New York.
La prima fase di sviluppo raggiunge l’apice nelle principali capitali europee durante gli anni ’20, mentre in Italia, nei due decenni successivi, la fervente attività svolta dal Ministero delle Comunicazioni dà vita a feconde riflessioni sul tipo. In quegli stessi anni la nascita dell’aviazione civile conduce alla costruzione delle prime aerostazioni, spesso integrate con altri sistemi di mobilità, come anticipava già nel 1914 Antonio Sant’Elia con il “progetto per una stazione di aeroplani e treni ferroviari”. Dalla definitiva affermazione, nella seconda metà del XX secolo, il terminal aeroportuale è sempre al centro di continui aggiornamenti che determinano inediti rapporti fra l’edificio, la città e il territorio, espressi ad esempio dalla costruzione di isole artificiali nel Kansai International Airport di Osaka e nel Chek Lap Kok Airport di Hong-Kong.
Ubicati come soglia fra la terra ferma e l’acqua, i terminal marittimi, grazie alla loro centralità rispetto al tessuto urbano, integrano spesso i flussi di trasporto intermodale con gli spazi della socialità, allo stesso modo delle stazioni ferroviarie.
Il terminal, quindi, in principio destinato a gestire solo il transito di passeggeri e merci, è divenuto nel tempo un organismo architettonico intermodale e multifunzionale, contraddistinto da funzioni aggregative tipiche della piazza e del mercato. Questa nuova condizione consente oggi di innescare processi di riqualificazione urbana, soprattutto per le relazioni sempre più complesse che il terminal instaura con la città e il territorio, organizzando nell’articolazione spaziale e distributiva la rete complessa dei loro percorsi.
M. Augé e Z. Bauman descrivono e analizzano in modo illuminante la condizione ibrida di questi spazi, in bilico fra la rapida fruizione (incapace di generare processi di socializzazione) e le attività aggregative sempre più caratterizzanti (proprie dei luoghi, contraddistinti dalla persistenza di relazioni fra individui che si riconoscono in essi e li storicizzano).

Processo formativo e filoni tipologici

Tracciare in modo esaustivo il processo tipologico del terminal è arduo in questa sede, a causa delle complesse e rapide trasformazioni che nel corso del XX secolo hanno mutato i mezzi di trasporto e le città: ci si limiterà quindi a individuarne alcune fasi significative.
Se le banchine con tettoie in legno rappresentano una specializzazione funzionale delle prime linee ferroviarie come la Manchester-Liverpool, in pochi anni gli spazi di sosta e transito vengono organizzati all’interno di stazioni dotate di edificio viaggiatori, nodo di connessione fra i binari e la città. Nella Crown Street Station di Liverpool (1829-30) le banchine coperte sono separate dal terminal, mentre nella Euston Station di Londra (1835-39) propilei neoclassici nascondono due terminal distinti per partenze e arrivi.
A metà del XIX secolo inizia a diffondersi il cosiddetto concourse, un vano nodale nel quale convergono le principali funzioni legate al viaggio e i flussi di traffico intermodale. Esemplari di questa innovazione sono la Gare de l’Est (1847-52) e la Gare du Nord (1861-64) di Parigi che definiscono, attraverso l’articolazione spaziale su più livelli e l’integrazione architettonica della galleria dei treni con il terminal, l’apporto più proficuo della ricerca francese in quel periodo.
Diverse, ma convergenti, le sperimentazioni britanniche: nella King’s Cross Station di Londra (1851-52) due gallerie parallele “costruiscono” il rapporto con la città attraverso ampie vetrate, introducendo inediti e coerenti caratteri espressivi, senza i compromessi della facciata da palazzo dei terminal francesi.
La stazione di Francoforte (1879-88), con la galleria di testa dotata di negozi e servizi, rappresenta un ulteriore esempio di come, sul finire del secolo, si sia ancora alla ricerca di un ottimale assetto funzionale e spaziale che solo l’innovazione della trazione elettrica permette di acquisire. Esemplari di questa nuova fase sono la Gare d’Orsay (1897-1900) e la Gare de Lyon (1900) a Parigi, il Grand Central Terminal a New York (1904-14) (Fig. 1), edifici nei quali è possibile trovare in nuce alcuni caratteri del terminal contemporaneo: negli esempi francesi il concourse è un grande vano dominato dalla copertura in ferro a botte, che accoglie al suo interno le diverse funzioni connettendole ai binari sottostanti; a New York un sistema di spazi commerciali e sale d’attesa consente di raggiungere l’express concourse, che a sua volta mette in comunicazione i livelli sotterranei della ferrovia con la rete dei percorsi urbani.
Le stazioni di Helsinki (Eliel Saarinen, 1904-19) e Stoccarda (Paul Bonatz – Friedrich Scholer, 1912) adottano impianti seriali antinodali (aggregazione in serie di vani lungo un recinto) che integrano il concourse, la galleria di testa e le banchine nel tessuto urbano. Negli Stati Uniti, il terminal transiti di Cincinnati è caratterizzato dal concourse coperto da una semicupola in asse con il parco, spazio nodale dell’edificio e nello stesso tempo polo urbano accentrante.
Negli anni ’20 la costruzione delle prime aerostazioni è il prologo di un secondo filone tipologico, che annovera tra i maggiori e pionieristici esempi il Flughafen Devau a Königsberg nella Prussia orientale e l’aerostazione di Croydon in Inghilterra, spesso con caratteri chiaramente derivati dall’edificio viaggiatori delle stazioni ferroviarie. In pochi anni la crescita del trasporto aereo spinge alla realizzazione dei primi aeroporti internazionali con pista separata, come il Tempelhof di Berlino, il Deaborn nel Michigan o i progetti di concorso per l’aeroporto di Lehigh in Pennsylvania, fondamentali per aver anticipato le evoluzioni del Secondo dopoguerra.
Negli anni ‘30 la ricerca sul terminal ferroviario conosce in Europa, e in generale nei paesi occidentali, un periodo di stasi, mentre in Italia trova particolare impulso grazie al Ministero delle Comunicazioni, che attraverso numerosi concorsi e il ruolo dell’architetto Angiolo Mazzoni, adegua il tipo a sopraggiunte necessità funzionali e al nuovo linguaggio della “modernità italiana”. La stazione di Santa Maria Novella a Firenze (Giovanni Michelucci, 1933) costituisce uno degli esempi più significativi in tal senso, con il terminal caratterizzato dall’atrio a doppia altezza che interseca il fronte dell’edificio sulla piazza, connettendolo alla galleria di testa e alla grande pensilina. La tradizionale dicotomia tra l’edificio viaggiatori e le banchine è risolta dal recinto che racchiude i due corpi laterali collegandoli alla galleria, un unicum urbano che si relaziona all’abside della chiesa.
Circa dieci anni dopo, nella nuova Stazione Termini di Roma (Eugenio Montuori, Leo Calini, Annibale Vitellozzi, Massimo Castellazzi, Vasco Fadigati, 1947) il palazzo degli uffici definisce il fronte sulla piazza, separando il foyer di accesso dalla galleria-concourse, un vero e proprio percorso urbano integrato nel terminal.
Ma il Secondo dopoguerra è dominato soprattutto dal terminal aeroportuale, la cui ricerca progettuale è favorita dai progressi compiuti per la realizzazione di nuovi aerei di linea. Fondamentali a riguardo sono gli studi di Pier Luigi Nervi sulla copertura geodetica in cemento armato, culminati nel progetto per l’aeroporto di Buenos Aires (1948) che anticipa le successive sperimentazioni internazionali, come i terminal progettati da Eero Saarinen: nel TWA di New York (1956-62) il grande involucro racchiude una sequenza di spazi organizzati su due livelli, raccordati all’atrio centrale da rampe; nel Washington Dulles International Airport (1958-62), il terminal è racchiuso fra la copertura concava in cemento armato, sospesa su puntoni inclinati e il curtain wall a tutta altezza.
Verso la metà degli anni ’50 sorgono i primi aeroporti “a satelliti”, con terminal multipli collegati da passaggi coperti, in risposta al costante aumento dei voli e al conseguente generarsi di inedite complessità funzionali.
Negli ultimi decenni del XX secolo la costruzione di aeroporti su isole artificiali risolve le esigenze di spazio per terminal sempre più complessi ed estesi, come il Kansai International Airport (Renzo Piano, 1988-94), edificato su un’isola appositamente fondata nella baia di Osaka; il concourse centrale a tutta altezza collega le due gallerie dei gate, mentre la copertura ondulata in acciaio e il curtain wall delimitano lo spazio interno e definiscono l’espressività esterna. Gli inediti rapporti che l’aeroporto di Osaka instaura con il territorio e la città anticipano di alcuni anni il Chek Lap Kok Airport di Hong-Kong (Norman Foster, 1992-98), anch’esso costruito su di un’isola artificiale.
Il crescente sviluppo dell’alta velocità, nell’ultimo scorcio del XX secolo, rinnova l’interesse progettuale per il terminal ferroviario, nel frattempo reso più articolato da nuove funzioni e dall’integrazione sempre maggiore della stazione con le trame urbane. Esemplare, in questo senso, è l’ampliamento della stazione ferroviaria di Zurigo (Santiago Calatrava, 1983-90), con la galleria-concourse che collega le diverse quote del sito. Nuove strategie di relazione con la città sono espresse anche dalla Kyoto Station Building (1997), che estende il concetto di terminal multifunzionale ad un intero isolato urbano lungo mezzo chilometro.
Nel solco di quelle esperienze, il terminal ferroviario del XXI secolo ricerca una sintesi tra le funzioni collettive ospitate e la loro intima connessione con il tessuto insediativo, come nella Nuova Stazione Torino Porta Susa (AREP, Jean-Marie Duthilleul, Etienne Tricaud, Silvio D’Ascia, Agostino Magnaghi, 2008), una galleria urbana che nello stesso tempo racchiude le funzioni di trasporto intermodale e mette in comunicazione, attraverso i percorsi, due parti di città prima distinte.
Estremo, per gli esiti formali raggiunti, è il progetto della nuova Stazione Napoli-Afragola (Zaha Hadid, 2003), che sintetizza l’organizzazione dei flussi di traffico in un edificio-ponte identificato dal grande involucro avvolgente.
L’intermodalità a diverse scale è anche il tema centrale del Beijing Capital International Airport (Norman Foster, 2008), del Kai Tak Cruise Terminal (Norman Foster) e della Berlin Hauptbahnhof (Gerkan, Marg und Partner Architects, 1995-2006).
Il terminal contemporaneo, in sintesi, tende ad integrare le funzioni tipiche della mobilità all’interno di organismi architettonici che spesso inglobano e riannodano i tracciati urbani, proponendosi anche come inediti luoghi di aggregazione sociale.

Collocazione rispetto all’insediamento urbano e al territorio

Il terminal, per sua natura, si colloca come intersezione tra differenti reti di trasporto, secondo due declinazioni: il terminal “di testa”, polo di inizio o fine di una rete e il terminal “di transito”, nodo intermedio. Questa distinzione ha dato luogo a specifiche varianti, identificate dalle relazioni che l’edificio instaura con la rete infrastrutturale e l’insediamento.
I terminal ferroviari, inizialmente ubicati come elementi antinodali al margine fra città e campagna, vengono progressivamente inglobati nei successivi ampliamenti, tanto da influenzare i processi di trasformazione.
Dedicati alla mobilità ad ampio raggio, i terminal aeroportuali sono nodi territoriali strategici e nello stesso tempo luoghi antinodali per eccellenza della città contemporanea.
I terminal marittimi assumono invece il ruolo di cerniera tra la terra ferma e l’acqua, mettendo spesso in relazione il nucleo antico delle città portuali con le rotte marittime.

Esempi

Crown Street Station (Liverpool), Euston station (Londra), Gare de l’Est, Gare du Nord, Gare d’Orsay, Gare de Lyon (Parigi), King’s Cross Station (Londra), Hauptbahnhof (Francoforte), Grand Central Terminal (New York), Central station (Helsinki), Hauptbahnhof (Stoccarda), Flughafen Tempelhof (Berlino), stazione di Santa Maria Novella (Firenze), nuova Stazione Termini (Roma), TWA Airport (New York), Dulles International Airport (Washington), Kansai International Airport (Osaka), Chek Lap Kok Airport (Hong-Kong), Station Building (Kyoto), bahnhof Stadelhofen (Zurigo), Nuova Stazione Torino Porta Susa (Torino), nuova Stazione Napoli-Afragola (Napoli), Berlin Hauptbahnhof (Berlino), Kai Tak Cruise Terminal (Hong Kong), Capital International Airport (Pechino).

Bibliografia

Altarelli L., Cao U., Chiarini C. et. al., La stazione e la città. Riferimenti storici e proposte per Roma, Roma, 1990; Ferrarini A., Stazioni. Dalla Gare de l’Est alla Penn Station, Milano, 2004; Pevsner N., Railway Station in History of Building Types, Princeton, 1976; Bruttomesso R. (a cura), Land-water intermodal terminals: i terminal intermodali terra-acqua, Venezia, 1998; Nustrini L., Aeroporti: ieri, oggi, domani, Firenze, 1998; Cerver F.A., The architecture of stations and terminals, New York, 1997.

 

Terminal

www.Wikitecnica.com