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Ipogea, architettura (storia)

Castra Albana, interno della cisterna ancora oggi funzionante.
Castra Albana, interno della cisterna ancora oggi funzionante.

Definizione

Con il termine di architettura ipogea si possono identificare quelle architetture realizzate nel sottosuolo le cui funzioni possono essere le più diverse: residenziali, funerarie, religiose, militari (la Linea Maginot) o più squisitamente utilitarie: dalle più semplici alle più complesse e tecnologiche quali le metropolitane, le gallerie per il trasporto ferroviario/automobilistico (l’Eurotunnel sotto la Manica) o scientifiche (il laboratorio del Gran Sasso). Se in molti casi non vi è una reale qualità formale o artistica, numerose sono le testimonianze in cui sono manifeste sia una ricerca spaziale-architettonica sia una indiscutibile qualità concettuale e artistica, con esempi che sconfinano anche in vere e proprie pianificazioni di tipo urbanistico.

Antichità

L’uso di cavità sotterranee naturali o scavate nel sottosuolo da parte dell’uomo è un fenomeno attestato fin dalla comparsa delle prime civiltà. All’età neolitica risale una delle prime manifestazioni di architettura sotterranea nell’ipogeo di Hal Saflieni nell’isola di Malta, datato fra il IV-III millennio a.C. dove viene riprodotta in negativo la struttura dei templi maltesi su tre livelli, per una superficie di 145 mq e con 55 camere; doveva trattarsi di una tomba comunitaria con funzioni anche cultuali.
Tra le civiltà del Mediterraneo quella Egiziana mostra fin dagli inizi uno spiccato interesse nella realizzazione di spazi sotterranei per lo più destinati a complessi funerari o religiosi. Agli inizi del Medio Regno (2065-1781 a.C.) risale l’imponente tempio di Mentuhotep II a Deir el-Bahari (a breve distanza dalla Valle dei Re, a Tebe) dove la camera sepolcrale reale è scavata nella roccia e raggiungibile dopo un percorso ipogeo lungo 150 m. Scavate nella roccia sono le tombe della Valle dei Re, vicino Tebe, delle quali le più antiche si datano agli inizi del Nuovo Regno (1550-1075 a.C.). Le tombe sono generalmente articolate in un corridoio d’ingresso, un pozzo, un’anticamera a colonne e la sala a pilastri che conteneva il sarcofago del re; ulteriori corridoi e camere possono alterare questo schema come nella tomba di Sethy I (XIX dinastia). Una felice combinazione di facciata rupestre e architettura scavata si ha nei templi di Abu Simbel (1260 a.C. c.) voluti da Ramesse II (Nuovo Regno, XIX dinastia) nella Nubia: l’area cultuale penetra nella roccia per 60 m ed è formata da una prima enorme stanza pilastrata, da un vestibolo e il sacrario vero e proprio con le statue delle divinità e del faraone.
Anche i Greci e i Romani dimostrarono indubbie capacità tecniche nello sfruttamento del sottosuolo sia per opere utilitarie (acquedotti, criptoportici), cultuali (ninfei) o funerarie; in queste ultime gli Etruschi hanno lasciato numerosi esempi nei grandi complessi cimiteriali di Blera, Cerveteri o Norchia databili fra l’età arcaica (VI sec. a.C.) e quella ellenistica (IV-II sec. a.C.).
Un particolare uso legato a esigenze funerarie fu messo in pratica dalle prime comunità cristiane con le catacombe, complessi ipogei destinati a contenere le sepolture dei fedeli e dei martiri, di cui la città di Roma conserva i più compiuti esempi (catacombe di S. Sebastiano, S. Callisto, Priscilla). Formate da più livelli di gallerie su cui prospettano piccoli vani sepolcrali (cubicoli), spesso dipinti, sono la testimonianza sia di una evidente capacità tecnica sia un’innegabile programmazione nell’utilizzo degli spazi, nella loro distribuzione e collegamento col soprasuolo; non manca a volte una ricercatezza spaziale nei cubicoli che ricalcano planimetrie tipiche dell’architettura costruita, spesso in forme molto originali.
Un fenomeno cronologicamente e geograficamente dilatato è quello degli insediamenti umani ricavati nel sottosuolo (trogloditi) attestati fin dall’età neolitica (Catalöyük6500 a.C. , in Turchia) in diversi paesi del Mediterraneo (Tunisina, Algeria, Italia, Turchia) e dell’Estremo Oriente. Questi sono formati da nuclei di diversa grandezza e estensione che negli esempi più complessi agglutinano su superfici molto vaste abitazioni, ricoveri, magazzini, cisterne e luoghi di culto ricavati nel sottosuolo e dotati di aree aperte su cui prospettano gli accessi: Matera o le città cappadocie (p.e. Kaymakli) sono gli esempi più completi e maturi.

Età contemporanea

Un interesse per il sottosuolo come luogo deputato a risolvere i problemi delle città moderne nasce agli inizi del XX sec. in particolare ad opera del francese E. Utudjian: per questi il sottosuolo non deve essere solo destinato alle infrastrutture o ai sistemi di trasporto, ma anche ai servizi (biblioteche, attività commerciali, uffici, ecc.), riservando il soprasuolo alle abitazioni e alle aree verdi. La necessità di riconsiderare e sfruttare il sottosuolo per decongestionare e riprogettare lo spazio urbano è evidente in diverse riqualificazioni urbanistiche e architettoniche della seconda metà del XX sec., le quali hanno interessato città americane, europee e giapponesi come Montreal, Toronto, Parigi (Les Halles), Tokio (il centro commerciale Shinjuku) e Okinawa. In queste realizzazioni oltre a spostare nel sottosuolo la mobilità (metropolitane, ferrovie, parcheggi) in modo da decongestionare la città, si è provveduto a collocare strutture di servizi tra cui centri commerciali, biblioteche, palestre e nel caso delle Les Halles, giardini.
Tra gli altri temi esplorati vi è quello museale dove il concetto di museo come luogo anche della storia e della memoria, trova nel sottosuolo stratificato un pendent concettuale molto forte. L’ampliamento del Louvre (1983-1989, architetto Ieoh Ming Pei) con la realizzazione di uno spazio sotterraneo in mutuo discorso con l’esterno tramite la piramide di cristallo ne è un esempio rilevante. Anche in Italia a Torino per l’ampliamento del Museo d’antichità (1982-1998, architetti R. Gambetti e A. Isola) si è scelta la soluzione ipogea rischiarata da vetrate leggermente emergenti o appena accennate nel terreno. Negli ultimi anni la Città della cultura di Santiago de Compostella (2011, P. Eisenman) o il Museo dell’evoluzione umana a Burgos (2005, P. Nouvel) sono un ulteriore prova dell’interesse da parte dell’architettura contemporanea per lo spazio ipogeo.

Bibliografia

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