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Anticlassicismo

Sommario: 1. Definizione-Etimologia2. Storia

1. Definizione-Etimologia

Il termine, che appare esplicitamente nella storiografia architettonica contemporanea, connota l’architettura europea che programmaticamente rifiuta il lessico e il sistema proporzionale e sintattico degli ordini architettonici intesi come espressione del mondo antico (Classico, classicismo). Non sembra dunque logico adottare il termine anticlassicismo riferendolo a fasi dell’architettura europea nelle quali, come in quella gotica, per più ragioni si oblitera (cioè non interessa nemmeno opporvisi) ogni riferimento al sistema proporzionale e lessicale degli ordini architettonici.

2. Storia

Il manierismo

Le prime manifestazioni di un vero e programmatico atteggiamento “anticlassico” si colgono dunque a partire da quella corrente del manierismo cinque-seicentesco che, pur facendo riferimento agli ordini architettonici, vi si contrappone con manipolazioni e inversioni figurative (anche metamorfiche) degli elementi lessicali, con allusioni ironiche, citazioni naturalistiche o zoomorfiche o fantastiche, o in altro modo. Si tratta, ovviamente, di una corrente elitaria e minoritaria che adotta un modello antirazionale, trasgressivo e inquietante, perché mette in dubbio l’autoritarietà degli “antichi”.
In questo senso, la corrente anticlassica del manierismo è parte della più generale crisi delle certezze (culturali, filosofiche, scientifiche, economiche, della religiosità cristiana, del costume sociale) che aveva investito il sistema europeo dopo la recente e sconcertante (sotto più profili) scoperta di un Nuovo Mondo (e relative civiltà e società “altre”), e dopo che si erano anche diffuse in Europa le varie riforme protestantiche.

Il barocco

Le mutate condizioni del XVII secolo pongono invece la questione se rientri o no nella linea anticlassica quella componente dell’architettura che, dopo i primi decenni del secolo (dopo la metà del Seicento si apre anche la disputa tra “antichi” e “moderni”), e differenziandosi dalla linea del classicismo ufficiale adottata nelle architetture (di corte o aristocratiche), dà luogo al filone barocco: termine inizialmente introdotto per connotarne negativamente gli eccessi decorativistici ed enfatici. In questo senso il barocco sarebbe, cioè, espressione di un modo anticlassico (perché perturbante dell’equilibrio del classico) che si evolverà ulteriormente nel rococò.
Ma in seguito quel termine ha assunto anche altri significati. Uno di natura cronologica: il pieno Seicento, riassuntivamente indicato come “età del barocco”. Altri due di natura critica: il barocco quale filone contrapposto al già ricordato classicismo ufficiale, oppure, ma in questo caso con speciale riferimento all’Italia (emblematici Bernini, Borromini e Pietro da Cortona), come sperimentazione evolutiva del classicismo.

Il Settecento e l’Ottocento

Più chiara la situazione nel XVIII secolo: si divaricano infatti, e nettamente, due linee. La prima, di più breve durata (metà Settecento-primi anni dell’Ottocento), è quella delle componenti classiche tradotte nel sistema di regole del “neoclassico” (architettura neoclassica). La seconda è quella del filone anticlassico, che si inoltra nel pieno Ottocento e che è marcata dall’insorgente irrazionalità psicologistica del romanticismo. Ne sono aspetti l’attrazione per le lontananze di tempo e di luogo e per i luoghi naturali (il “pittoresco”), e inoltre (XIX secolo) la valorizzazione di componenti etico-religiose, politico-sociali e nazionalistiche. Più e differenti sono gli esiti architettonici di questa linea: la creazione di parchi e giardini apparentemente “naturali” (con corsi d’acqua e anche eventuali resti ruderizzati del mondo antico e medievale, cioè “rovine” vere, o loro artificiose imitazioni); l’adozione di temi e linguaggi di civiltà non europee (cinesi, giapponesi, indiane, siriache e mediorientali in genere) e anche la propensione per elementi e tipologie di architetture non cittadine (rurali, alpine e così via), oppure riferite a temi letterari (saghe, fiabe, il “misterioso”).

I revival architettonici

L’esito di gran lunga più importante è però il deliberato riferimento medievistico tradotto nei cosiddetti revival architettonici: in particolare quello neogotico e quello neoromanico, entrambi considerati espressione di religiosità ed “eticità” associativa di mestiere. Speciale rilevanza ha così assunto il tema della verità delle forme architettoniche in rapporto alla qualità dei materiali impiegati: sia tradizionali (strutture murarie e lignee), sia metallici (strutture in ferro a telaio portante). Interessa così sottolineare che l’intelaiatura metallica, quando lasciata a vista, assumeva spesso forme goticizzanti: al sistema medievale e a quello moderno era attribuito infatti, “ideologicamente” ma erroneamente, un medesimo ruolo tecnico-concettuale.
Numerosi e articolati sono gli esiti architettonici dei revival medievalistici. Ricerca di identitarietà peculiari che se, come spesso è avvenuto, hanno assunto i connotati politici  del nazionalismo (un importante aspetto del romanticismo), hanno talvolta prodotto riflussi classicistici (emblematico il caso della Grecia). Molteplici sono stati i restauri (più o meno arbitrari) di opere architettoniche medievali. Infine la polemica sul concetto stesso di restauro architettonico: in un primo tempo emblematizzata dall’aspra contrapposizione tra le posizioni del francese E. Viollet-le Duc e dell’inglese J. Ruskin, poi, soprattutto in Italia, articolata in più e diversificate posizioni.

Le arti applicate e il Novecento

Una più radicale evoluzione del concetto di anticlassico si afferma a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento. In reazione al confuso diffondersi di un eclettismo di maniera che recuperava anche stilemi del classico, in più Paesi europei (prima in Belgio, Francia, Inghilterra, Germania, Austria e connessi Paesi centroeuropei; poi anche in Italia) si apre una stagione di nuove ricerche lessicali e morfologiche, anche estese ai prodotti delle arti applicate. Si precisano così i movimenti dell’Art Nouveau, del Liberty, della Secessione viennese, dello Jugendstil e le loro ulteriori declinazioni localistiche, che si prolungano talvolta fino (e oltre) ai primi anni del XX secolo. Ciascuno di essi elimina ogni riferimento agli ordini architettonici e trae invece ispirazione dalle forme del mondo naturale o da quelle di culture artistiche non europee.
A partire dal secondo decennio del Novecento, in concomitanza con il clima sociale, politico, economico che si afferma prima e dopo la cosiddetta Grande Guerra, si attua un ulteriore e più deciso salto programmatico: l’azzeramento, da parte delle principali avanguardie artistiche del tempo (cubismo, futurismo, espressionismo, purismo, che hanno influenzato l’architettura per molti decenni), delle tradizioni artistiche e disciplinari del tempo e in particolare di quelle del classicismo accademico.

Il Movimento Moderno e il postmodernismo

La confluenza dei principi (artistici, politico-sociali, ecc.) ispiratori di quelle avanguardie, insieme all’accoglimento di esperienze statunitensi (grattacieli di Chicago e New York, l’opera di F.L. Wright e così via), ha dato luogo al Movimento Moderno, che dominerà a lungo (anche con speciali congressi e istituzioni) durante il XX secolo: dal secondo al terzo decennio del XX secolo in Europa, suo contesto di origine, dopo gli anni Trenta del XX secolo in America, Nordafrica, Sudafrica e Australia. E ciò anche se in più Paesi d’Europa erano parallelamente presenti linee riferibili a un “classicismo” magari scarnificato e convenzionale: talvolta anche con risvolti ideologici e politici (Italia fascista, Germania nazista, Unione Sovietica). Dopo la seconda guerra mondiale il Movimento Moderno, e il suo fare anticlassico, si diffonde in ambito nipponico e infine nell’intero contesto mondiale. Negli anni Ottanta-Novanta del Novecento al Movimento Moderno fa seguito il cosiddetto “postmodernismo”: sincretica e talvolta provocatoria adozione di classico e anticlassico. Nel recentissimo quadro della globalizzazione, e dei correlati sviluppi tecnico-architettonici, è ora travolgentemente ricomparso l’anticlassico.

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