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Trabeazione

La trabeazione dorica del tempio di Zeus ad Olimpia, 468-460 a.C. (elaborazione da Rocco 1994, Tav. VIII).
La trabeazione dorica del tempio di Zeus ad Olimpia, 468-460 a.C. (elaborazione da Rocco 1994, Tav. VIII).

Definizione

Nell’architettura basata sul sistema trilitico, si definisce trabeazione la formalizzazione dell’insieme delle membrature architettoniche orizzontali portate dai piedritti e di sostegno per il tetto. La trabeazione compare non solo fra sostegni isolati, ma anche come coronamento di muri, spesso scanditi dalla presenza di paraste, pertanto con una funzione più figurativa che strutturale. La trabeazione può assumere un andamento lineare, curvilineo e segmentato, nel caso accompagni le sporgenze di colonne o edicole dalla parete, come accade spesso nelle facciate monumentali romane imperiali.

Generalità

Nell’architettura egizia la trabeazione è costituita da un architrave liscio coronato da una successione di modanature: semicerchio, cavetto e fascia liscia. Nell’architettura greca la trabeazione appare in età arcaica, in concomitanza con il processo di litizzazione dell’architettura templare. È suddivisa orizzontalmente e dal basso verso l’alto in architrave, fregio e cornice. Si distinguono una trabeazione dorica e una ionica, a seconda dell’ordine di riferimento.
La trabeazione dorica si compone di architrave liscio, rientrante rispetto all’abaco del capitello, coronato da una taenia (listello) continua, sotto la quale si dispongono regulae a intervalli regolari. Al di sotto delle regulae sono collocate le guttae (gocce) di forma cilindrica o troncoconica, il cui numero, dopo le sperimentazioni arcaiche (3, 4 o 5 guttae), si stabilizza a 6. Al di sopra dell’architrave, il fregio si articola con l’alternanza di metope lisce, scolpite o dipinte, e triglifi, ovvero elementi rettangolari solcati da due glifi (scanalature verticale a sezione triangolare) e due emiglifi sul bordo. Lo spazio fra i glifi si definisce femore, mentre il listello di coronamento si definisce capitello del triglifo. Al fregio si sovrappone la sottocornice, una superficie inclinata verso il basso articolata in mutuli e viae. Sulla faccia inferiore dei mutuli si dispongono tre file di guttae, che corrispondono a quelle delle regulae. Gli elementi che scandiscono la trabeazione, ovvero regulae, triglifi e mutuli, sono accomunati dalla stessa colorazione blu, si corrispondono in verticale e si collocano sull’asse della colonna e al centro dell’interasse fra due colonne consecutive. Il ritmo dei mutuli, invece, è più fitto: un mutulo si dispone infatti anche sull’asse di ogni metopa. La sottocornice in genere è lavorata nello stesso blocco del gocciolatoio, fascia piana verticale con una profonda incisione alla base e coronata con un profilo a becco di civetta. Non mancano edifici che dimostrano un allontanamento dalla declinazione dorica più diffusa, come in ambiente acheo di Magna Grecia, il tempio di Athena a Poseidonia, dove la taenia e le regulae sono sostituite da un insieme di modanature (astragalo, kyma lesbio e cavetto), mentre ai mutuli corrisponde sul soffitto del gocciolatoio una decorazione cassettonata con motivi rilevati a stella e a fiore. Al di sopra del gocciolatoio corre la sima sia sulle falde del frontone, sia sui lati lunghi, dove costituisce la terminazione delle tegole di bordo e pertanto presenta doccioni per l’allontanamento dell’acqua meteorica.
La faccia interna della trabeazione è caratterizzata dalla presenza di una serie di modanature che costituiscono l’epicranitis.
Si tenga presente, inoltre, che tutti gli elementi decorativi che articolano la trabeazione dorica – ma anche quella ionica presenta una questione analoga – sono stati interpretati, secondo la teoria dell’origine lignea dell’ordine, supportata da Vitruvio, come una trasposizione delle forme e degli elementi strutturali dell’originaria configurazione lignea. Non è un caso, infatti, che il triglifo (copertura dell’originaria testata delle travi del tetto), e pertanto anche regulae e mutuli, si dispongano rigidamente sull’asse di ogni colonna e al centro di ogni intercolumnio. D’altronde, in seguito alla litizzazione – pertanto con l’adozione di architravi decisamente più spesse della larghezza del triglifo – tale rigidità nella disposizione ha generato un conflitto fra tale disposizione e la necessità del triglifo stesso di essere all’angolo dell’edificio.
La trabeazione ionica può presentare una soluzione bipartita o tripartita. La configurazione bipartita, che prevede una successione di architrave e cornice preceduta da una consistente sottocornice a dentelli, elementi parallelepipedi molto aggettanti, è utilizzata soprattutto in edifici arcaici minori e nelle architetture ioniche microasiatiche di età tardoclassica, ma è attestata anche in area cicladica.
La soluzione tripartita, invece, prevede l’interposizione di un fregio fra l’architrave e la cornice, in questo caso priva di dentelli. Tuttavia, a partire dalla fine del IV secolo a.C. e durante l’età ellenistica e romana l’ordine ionico integra elementi del modello cicladico-attico e di quello asiatico con la compresenza di dentelli e fregio.
L’architrave ionico, liscio (ionico cicladico) o articolato in due o tre fasce progressivamente aggettanti verso l’alto (ionico microasiatico), è coronato in età arcaica da un kyma ionico preceduto o meno da un astragalo (ad es., in area cicladica, nel tempio di Dyonisos a Naxos e, in area microasiatica, nel tempio di Artemide Leucophriene a Magnesia al Meandro), cui successivamente (Attica, metà V sec.) si aggiungono cavetto e fascia. Il soffitto dell’architrave è spesso decorato con una fascia scolpita che si estende sull’intercolumnio. Il fregio continuo, spesso scolpito o dipinto, può essere piano o convesso ed è coronato da un astragalo e un kyma ionico. La cornice è costituita da un gocciolatoio raccordato per mezzo di un ovolo pergameno e un cavetto alla sottocornice stessa.
La trabeazione ionica tripartita con sottocornice a dentelli sarà ampiamente utilizzata durante la fase ellenistica, soprattutto con l’aggiunta di mensole decorate a reggere la cornice; in questa forma penetrerà nel mondo romano e diventerà il canone della trabeazione ionica, più spesso utilizzata in combinazione al capitello corinzio.
Peraltro l’architettura alessandrina farà ampio uso di commistioni fra le trabeazioni dei due ordini architettonici, per cui elementi dorici come il fregio a triglifi possono essere inseriti in trabeazioni ioniche ed elementi ionici in trabeazioni doriche (ad esempio il portico del Ginnasio Occidentale di Kos, II secolo a.C.).
La trabeazione classica avrà ampia fortuna durante il periodo rinascimentale, in cui la ripresa dell’ordine, dovuta anche alla riscoperta del testo vitruviano, diventa un motivo dominante dell’articolazione delle facciate monumentali. In particolare la trabeazione sarà reinterpretata a coronamento del palazzo rinascimentale sia, più raramente, nella versione dorica (Bramante, palazzo Caprini a Roma, 1501-1510), sia nella versione ionica, soprattutto nella declinazione ellenistica della cornice a modiglioni (il primo esempio nel Palazzo Medici a Firenze di Michelozzo, 1444).

Bibliografia

Pensabene P., Elementi architettonici di Alessandria e di altri siti egiziani, 3, Roma 1993, pp. 73-107; Rocco G., Guida alla lettura degli ordini architettonici antichi. II. Lo ionico, Napoli 2003; Rocco G., Guida alla lettura degli ordini architettonici antichi. I. Il dorico, Napoli 1994.

La trabeazione ionica del tempio di Artemis Leucophriene a Magnesia al Meandro, fine III sec. a.C. (elaborazione da Rocco 2003, Tav. V).

La trabeazione ionica del tempio di Artemis Leucophriene a Magnesia al Meandro, fine III sec. a.C. (elaborazione da Rocco 2003, Tav. V).

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